Pisciare nel Tempo


"Non sanno gli artisti che nel momento stesso in cui enunciano una verità sono già fuori dalla verità e quel che resta è solo la loro pietà umana pisciata nel tempo?"

G. Ferroni


Gianfranco Ferroni fu pittore, incisore, fotografo, poeta, insomma artista a 360 gradi. Personalità introversa, rivestito di quella patina romantica che al tempo del presenzialismo e delle art-star lo rende ancora più prezioso agli occhi di chi, assetato, cerca ristoro spirituale e sprazzi di autenticità. Un eremita metropolitano, trincerato dietro una sensibilità ipertrofica ed una lucida profondità di pensiero che emerge dalle pagine di questo libro edito da Bompiani a quasi dieci anni dalla morte. "La luce dell'ateo" raccoglie scritti, annotazioni, lettere e poesie risalenti ai primi anni '50. Gli anni di una Milano multiforme, racchiusa fra gli opposti estremi del boom economico e del pessimismo erudito della moda esistenzialista importata da Parigi.



Le fabbriche e i navigli, Brera, le osterie, la politica e l'arte: un quadro fin troppo storicizzato ed omologante su cui questi scritti gettano una luce opaca e tutto fuorché retorica. Ferroni racconta di certa borghesia inaridita, ben lontana dal ruolo di traino morale e culturale di un'intera nazione. Narra di rivendicazioni operaie e di sindacati, senza scendere a compromessi con le ideologie, sempre da un punto di vista trasversale ed eccentrico. Fiammate poetiche accendono le pagine, scavando in profondità nell'animo umano e nelle motivazioni alla base del fare artistico.



Ferroni fu protagonista della stagione del realismo esistenziale, nel tentativo di risolvere le ambiguità delle avanguardie, di sfondare gli argini e i vicoli ciechi di un formalismo esasperato. In molti passaggi egli è aspramente critico nei confronti della pittura informale ormai decadente e manierista. All'origine del "colore che langue" e del disegno "sciatto e inconcludente" che vede trionfare in gallerie e musei non c'è mancanza di talento ed istinto ma di coscienza, di un "principio che generi materia vivida". Così, nell'ambito circoscritto da una morale radicalmente atea e pessimista, Ferroni risponde con favore alle istanze di una nuova oggettività, di un ritorno alle cose nella loro enigmaticità muta e disperante cui alludevano in passato due come Sironi e Morandi (o in filosofia Husserl e il Sartre de La nausea). In polemica tanto con "l'astrattismo generico e decorativo" quanto con il "realismo flaccido e stanco", Ferroni preferisce "affermare che l'oggetto è più importante della sua traduzione simbolica e formale". Dopo esordi vicini a certo espressionismo demistificatore e nemico delle ideologie (Dix, Grosz), egli approda ad una poetica anoressica, svuotata di contenuti troppo umani - quindi meschini e limitati - incapaci di assumere respiro universale. Il tormento di Ferroni nasce da qui: in Pollock e Gorky vede il trionfo narcisistico dell'ego che pretende di stabilire le regole su cui sviluppare strutture formali sostanzialmente vuote.



Ciò sta a dire che egli rifiuta la poetica del gesto, anzi l'intera filastrocca del segno-gesto-materia. E qui sta il punto: perché se l'origine dell'opera d'arte non sta nell'atto creativo essa deve trovare il fondamento in un'oggettività esterna. Ma chi, come Ferroni, rifiuta l'ipotesi di un Dio garante trascendentale della realtà, non può che condannarsi ad un'attesa, alla speranza di un'illuminazione nel quotidiano destinata a non arrivare mai (l'eco di Beckett risuona beffardo). Così i bicchieri, le porte, i muri, il mobilio si illuminano di una luce spietata, allo stesso tempo fiduciosa e disperata. La luce dell'ateo, appunto, condannato ad un misticismo che riacquista i caratteri che gli sono più propri: la venerazione di un'assenza, la sottrazione di senso, come un'apnea dei significati da cui è impossibile riemergere. Ferroni invidiava la carica drammatica di cui era capace un Bacon - fulminanti le pagine che dedica all'irlandese - ma mai sarebbe stato capace di simili slanci passionali, rinchiuso in un'atarassia tragica che è il suo limite e la sua grandezza.

2 commenti:

  1. pierantonio tanzola8 maggio 2011 alle ore 10:45

    Ho letto il libro ed è molto interessante. Antonio Gnoli poi è un Uomo Illuminato

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  2. volume memorabile, ho letto la "la luce dell'ateo" e mi ha profondamente inciso "a secco" direi. :)

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