Perino e Vele. Luoghi comuni (2 di 2)

(continua)


Profetico appare oggi l’interesse sociologico per l’individuo, inteso come persona libera di agire nella società e di esprimersi secondo le proprie aspirazioni, che ha animato polemicamente le sculture di Perino & Vele di questi anni.
L’immobilismo sociale, la mancanza di prospettive per i giovani e la decadenza dei valori civili e morali rendono tormentata la convivenza civile e favoriscono l’alienazione e la soluzione di atti estremi. I processi evolutivi “secondo natura” si scontrano ripetutamente con la sovrastruttura della società moderna in una dialettica ossessiva di sopraffazione che si risolverà sempre e comunque nel destino mortale dell’essere umano.
È già scritto il destino della neonata Statura 190, capelli biondi, occhi azzurri, professione Ingegnere (1998) che, ancor prima di poter esercitare il libero arbitrio per decidere il proprio futuro, viene indirizzata a seguire la strada più semplice per garantirsi una vita di solide certezze. Purtroppo il sogno si infrange, nel 2006 Aldo Nove pubblica Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese…1, una raccolta di interviste a giovani precari – il cui titolo suona simile a quello della scultura – che testimonia le sconfitte e le autoillusioni di una generazione smarrita. Ma il titolo della scultura nasconde qualcosa di ancora più inquietante, lo spettro dell’ingegneria genetica applicata all’essere umano: selezionare i geni in fase cellulare per decidere i caratteri fisici del nascituro. Nella storia dell’uomo esperimenti medici sugli esseri umani sono stati ordinati e condotti in nome della scienza evolutiva e dell’eugenetica, causando la morte di migliaia di persone. Predestinato però era anche quel folle suicida di “Millenovecentoquarantacinque” (2006) che, abbandonato il bagaglio della vita, è partito per l’ultimo viaggio. Indimenticabile il verso del napoletano Totò: “’A morte ’o ssaje ched’è?... è una livella”2. Nella tomba siamo tutti uguali, in vita ciascuno è responsabile del proprio destino. Paradossale e grottesco è l’annuncio reale Vendesi Monolocale Salotto Cucina Bagno con vista panoramica £ 4,5 Milioni (1998) a cui Perino & Vele danno la forma di un divano di ferro arrugginito in scala naturale, le cui sedute sono sostituite da due comodi lavandini trapuntati (sineddoche per il bagno e la cucina) in cui nuota un pesce rosso prigioniero della sua condizione (metafora dell’inquilino). Ma ecco l’antidoto mordace: il privilegio, costoso ma giustificato, della vista panoramica! Nell’anno 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è forse educativo rileggere gli articoli 3 e 4 dei “Principi fondamentali” della nostra Costituzione, per riflettere seriamente sul valore delle provocazioni di Perino & Vele: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese […]. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”3.


Il duo napoletano ci mette prepotentemente di fronte alle contraddizioni dell’età contemporanea, agli squilibri economici e politici del mondo, all’anomalia del militarismo. I fori di proiettile sugli oggetti e nei muri, la pelle devitalizzata degli animali e l’aggressività demagogica degli slogan contaminano come virus le superfici di cartapesta e corrodono inesorabilmente il ferro zincato. I sintomi della violenza suscitano lo sdegno di chi guarda e stimolano a reagire alla condizione di inciviltà diffusa. L’uomo è la fonte d’ispirazione, perché con il proprio operato determina le cause e gli effetti degli accadimenti che lo coinvolgono. Da un lato Perino & Vele traducono in forma di scultura frammenti della realtà, dall’altro traslitterano testi e slogan in icone figurative della modernità. La fisicità del corpo umano è assente, invisibile, sopravvive solo indirettamente nelle azioni e nelle pieghe del linguaggio.
In questi ultimi anni l’attenzione degli artisti si è concentrata sulla condanna della guerra come prassi accettata per esportare la democrazia. Nella sezione di chiusura della mostra sono raccolte sculture recenti che illustrano l’evoluzione di tale pensiero. Il percorso allestitivo costruisce un ambiente volutamente “interattivo”, che coinvolge contemporaneamente i cinque sensi del visitatore nell’esperienza diretta con la materia e il suo messaggio: un corridoio angusto, rumori improvvisi, odori sgradevoli, movimenti ossessivi e una luce fiammante. Mettere a disagio per mettere in guardia dai rischi della violenza. Risvegliare la coscienza per scatenare la reazione contraria.

Siamo immediatamente costretti a transitare in Kubark Counterintelligence Interrogation (2004) per accedere a questo spazio emozionale. Il Kubark Counterintelligence Interrogation (giugno 1963) è un manuale sulle tecniche di interrogatorio delle fonti avverse di derivazione militare, rivolto ai funzionari e agli agenti della CIA. La parola Kubark è il criptonimo della CIA stessa. Il testo è stato tenuto segreto fino al gennaio 1997, quando è stato desecretato dalla NSA (National Security Agency). L’installazione praticabile, composta da lunghe lance appuntite nelle quali sono infilzate le pagine in cartapesta del manuale di tortura, è stretta tra due alte pareti che provocano uno stato emotivo di oppressione e sopraffazione. Secondo il manuale l’interrogatore può usare metodi coercitivi manipolando l’ambiente del soggetto antagonista, alterare la sua percezione del tempo e dello spazio, al fine di creare una situazione suggestiva e intollerabile idonea a ottenere informazioni confidenziali. Sono gli anni della guerra in Iraq.
All’uscita dal corridoio entriamo in un’ampia sala, dove ci accoglie Dick (2004), a prima vista un comune cammello. Un rumoroso frullatore spruzza pezzi di carta sul manto di un cammello in cartapesta, emblema della civiltà e della cultura araba. La sagoma dell’animale si modifica continuamente per le successive stratificazioni e per la continua accumulazione di frammenti di carta triturati. L’ambiente circostante è reso ostile dall’odore acre della carta e dal rumore del frullatore, lo strumento di lavoro di Perino & Vele, che macina ossessivamente le pagine del Kubark, azzerando idealmente l’ignobile scontro di civiltà tra Occidente e Oriente. Il visitatore diventa testimone e protagonista del percorso creativo, che in quello stesso momento sta per ripetersi e che per volontà degli artisti condanna l’insensatezza della guerra tra due culture millenarie. Insegnano Perino & Vele che la convivenza pacifica tra i popoli è la base del progresso culturale dell’umanità, che nelle differenze raggiunge le massime potenzialità espressive.


Morente su una stufa a graticola, B-2 Spirit (2005) ha solo apparentemente le sembianze di un enorme pipistrello nero. In realtà il Northrop Grumman B-2 Spirit è un bombardiere strategico statunitense in grado di trasportare armi convenzionali e nucleari. La tecnologia stealth permette al velivolo invisibile di penetrare le difese nemiche senza essere individuato dai radar. La forma biomorfa, il colore scuro e il sofisticato sistema radar lo fanno assomigliare al pipistrello, animale specializzato nel volo notturno e nella caccia silenziosa. È il più costoso aeroplano mai costruito: il costo medio unitario è stato valutato in un miliardo di dollari al cambio odierno. Attualmente 21 velivoli B-2 Spirit sono in forze all’aeronautica statunitense. Qui è precipitato, abbattuto; brucia l’equipaggiamento di armi, muoiono i piloti, vanno in fumo miliardi di dollari. La domanda sorge spontanea: che senso ha tutto ciò? Nessuno.
Ma la violenza non si placa, va oltre. Intacca le parole e si diffonde attraverso frasi intimidatorie e razziste. Una parete è occupata dall’installazione Silvio Berlusconi vs Vladimir Putin, Carol Wojtyla vs George W. Bush, Osama Bin Laden vs Mahmud Ahmadinejad, Achille Bonito Oliva vs Mary Carey, Neil Young vs Deng Xiaoping (2008): una serie di cinque cartelloni pubblicitari, simili a quelli che si vedono tutti i giorni per strada, riportano slogan e messaggi divertenti o assurdi di personaggi del mondo culturale e politico. Così i grandi del pianeta esprimono la personale opinione sugli avversari politici: “Rise, again Italy!” (Silvio Berlusconi), “We’ll wipe the Chechen out in the shithouse” (Vladimir Putin), “Stay the course” (George W. Bush), “There are no taxes in Islam but rather there is a limited Zakaat totalling 2.5 percent” (Osama Bin Laden), “Israel must be wiped off the map’” (Mahmud Ahmadinejad), “Let some people get rich first’” (Deng Xiaoping). I manifesti occupano un luogo, il museo, non predisposto ad accoglierli, contribuendo all’idea di scempio perpetrato con l’affissione abusiva di materiale pubblicitario e propagandistico.
Perino & Vele lanciano l’allarme sulla pericolosità della prepotenza e dell’odio tra i popoli. Senza titolo (Mappamondo) (2006) raccoglie in un sacco trapuntato e inchiodato al muro quello che resta di un mondo ferito dalle armi da fuoco.

Una linea sottile unisce le opere finali della mostra: i test sugli armamenti. Ricompaiono gli animali di piccola taglia e di grandi dimensioni, ancora una volta non compare la figura umana.
Alf (2005), un carrello elevatore senza manovratore, tenta di strappare un cammello dal destino di morte certa prima che diventi cavia della sperimentazione militare. Il titolo Alf nasconde l’acronimo di Animal Liberation Front, organizzazione animalista costituita nel Regno Unito nel 1976, con lo scopo di “causare deliberatamente perdite finanziarie a coloro i quali sono ritenuti colpevoli di attuare procedure di sfruttamento degli animali, con il ricorso al danneggiamento e alla distruzione della proprietà” . Perino & Vele si schierano apertamente a favore di quanti agiscono per contrastare l’inutile massacro di esseri viventi in nome della sicurezza. Soffermiamoci su due piccoli panni che coprono altre vittime della balistica e della guerra chimica: un granchio (da Porton Down, 2005) e un serpente (Snake I love you, 2008).
Complessa e articolata è l’installazione da Porton Down (2005). Porton Down è una struttura di ricerca militare top secret, istituita nel 1915 dal governo inglese nel Wiltshire. Si occupa di studiare la guerra chimica e le armi biologiche. I laboratori di sperimentazione utilizzano animali (pecore, capre, topi, ratti, porcellini d’India, scimmie, cani, gatti) allevati in una speciale fattoria per misurare il potenziale mortale di armi chimiche e biologiche o per testarne l’efficacia degli antidoti. Alcuni animali vengono sottoposti a deflagrazioni e a colpi di piccole armi da fuoco convenzionali. Nei protocolli di ricerca è previsto anche l’utilizzo di volontari umani in fase di test.
Dalle poche informazioni note sulla fattoria degli orrori, Perino & Vele hanno preso lo spunto tematico per realizzare un’installazione fortemente simbolica ed empatica, in grado di impressionare e turbare il visitatore con rumori improvvisi e movimenti automatici. Vivere in prima persona l’esperienza sensoriale favorisce indubbiamente la comprensione del macabro esperimento e sensibilizza il pubblico sull’inutilità di tali prassi. Si cammina tra Giovanni, Mimmo, Ciro, Francesco, Alessandro, Nicola, Giuseppe, Paolo, Mario (2006), nove coperte colorate personalizzate con nomi comuni e stese su fili d’acciaio, illusi di trovarsi all’ingresso di un luogo accogliente. Invece la scoperta: i nomi di persona sono i nomignoli dati agli animali torturati nei test.


L’atmosfera cambia improvvisamente e il passaggio nell’ambiente successivo potenzia lo stato di disagio. Senza rendersene conto il visitatore si trova sulla traiettoria degli spari nel momento dell’esperimento balistico. Alle sue spalle una da Porton Down (2006), una saracinesca, ingresso segreto al laboratorio militare, si alza e ricade ritmicamente riproducendo il rimbombo sordo di un proiettile; di fronte a sé da Porton Down (2006), un maialino vietnamita inforcato da due lance e crivellato di colpi, coperto da una trapunta che nasconde la carneficina. Approfondendo la lettura dell’opera, osserviamo che Pig raffigura in tre dimensioni le informazioni contenute nel rapporto The Military’s War on Animals dell’associazione americana PETA (People for the Ethical Treatment of Animals).
La posizione dello spettatore non è casuale, è preordinata da Perino & Vele. Inaspettatamente l’uomo potrebbe diventare attore della messa in scena e trovarsi sulla traiettoria mortale. È un monito severo, che condanna duramente l’uso delle armi da fuoco e degli ordigni esplosivi terrestri. E per l’ultima volta l’ammonimento prende la forma di scultura. Mina (1997) è un materasso vuoto, sopra l’impronta di un corpo umano, accanto due stampelle appoggiate al muro. È intima nel suo straziante dolore, agghiacciante per la sua crudezza, essenziale nella dignità composta. Silenziosa. Dice molto però sul senso profondo che Perino & Vele danno alla vita e alla scultura.

In un’epoca di luoghi comuni, di slogan urlati e di trionfo dell’“apparire”, l’arte deve tornare a “essere”. La strada da percorrere è quella del ritorno a un’autonomia del linguaggio, in grado di comunicare e interpretare la complessità del presente con la propria sintassi espressiva. L’arte deve trasmettere valori e idee, rifuggire l’omologazione e la banalità, esprimere un giudizio critico sulla contemporaneità. Solo aprendosi alla società tutta e favorendo il dialogo tra i soggetti sociali, contribuirà alla moltiplicazione delle “menti umane capaci di resistere alla lenta, feroce, incessante, impercettibile forza di penetrazione dei luoghi comuni”.

Lorenzo Respi


1 Aldo Nove, Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese…, Einaudi, Torino 2006.
2 Totò (Antonio De Curtis), A livella, Fausto Fiorentino Editrice S.p.A., Napoli 1978 (1964).
3 Costituzione della Repubblica Italiana, “Gazzetta Ufficiale”, 27 dicembre 1947, n. 298.

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