Meta-post. Un blog inattuale


Le notizie online sono brevi e superficiali, si occupano di aneddoti, scandali e gossip e utilizzano un linguaggio vicino al parlato quotidiano, ammiccante quando non sguaiato o volgare.
Questo è il luogo comune che per certi versi fa il gioco di chi è interessato a ritardare l'estinzione della carta stampata, dell'ordine dei giornalisti, delle "firme". Ed è questo il panorama che descrive anche Robert Darnton, autorevole studioso della storia dei libri e della comunicazione nonché direttore della Biblioteca Universitaria di Harvard. Tuttavia Darnton esclude dal suo discorso i giudizi di merito sottolineando anzi come la natura frammentaria dell'informazione non sia certo una novità. Così la pratica del blogging non è così distante dai paragraphs britannici e dagli anecdotes parigini del '700, quando la manovalanza del giornalismo si piazzava nei caffé, nei parchi e nelle corti alla ricerca di notizie piccanti, riportate su brandelli di carta da consegnare agli stampatori. Le colonne dei giornali dell'epoca erano quindi affastellamenti di notizie brevi e brevissime dai contenuti scandalistici, talvolta accompagnate da immagini ed incisioni. E Darnton cita Stendhal secondo il quale l'immagine vera di una nazione è data proprio dai rumors e dal gossip ben al di là del puro gusto popolare per le sciocchezze e le debolezze dei regnanti. Questi frammenti infatti vanno a comporre un mosaico di folklore difficile da irregimentare, sfuggente alla presa dei poteri costituiti e dunque più trasparente rispetto alle opinioni dei giornalisti di professione, più inclini al calcolo ed all'opportunità. Oggi come nel '700.
Ovviamente non tutto è rose e fiori: la diffamazione, il pressapochismo, la superficialità comportano delle distorsioni che possono inquinare l'intero ecosistema di informazioni, senza contare che lo spazio sociale dei blog è occupato da una sottoclasse che, stando ai margini del mondo ufficiale, esprime un'ansia di reddito e di potere che a sua volta logora la trama dell'ecosistema informativo e la sua qualità. Le riflessioni di Darnton quindi si incentrano su questo aspetto: sulla riorganizzazione dell'informazione e sulle modalità con cui i frammenti si inseriscono nelle nicchie offerte dalla tecnologia e dall'attenzione del pubblico.
Perché queste considerazioni in un blog che si occupa di arte? Perché negli ultimi due mesi ho lavorato cercando di rovesciare questi luoghi comuni, offrendo una piattaforma di contenuti e approfondimenti che cerca di smarcarsi dalla logica del gossip. La questione dell'autorevolezza è sentita come pressante da diversi players dell'informazione artistica in Italia, come risulta evidente da questa excusatio non petita, nonostante il pubblico sembri premiare quanto di più frivolo e inconsistente filtri dal dorato mondo delle inaugurazioni. Il punto è proprio questo e il Grande Vetro lo può constatare quotidianamente: se contatti e pagine visualizzate si moltiplicano esponenzialmente quando si parla di Padiglione Italia, di censure, di scandaletti, allora occorre una riflessione sulla pigrizia del pubblico, sulla reale capacità di appassionarsi a questioni, linguaggi e temi nel merito. Non riportando tutto allo scontro politico, economico e civile in atto in Italia e finendo per banalizzare ogni sfaccettatura del discorso sull'arte. 
Il tentativo messo in atto dal Grande Vetro va in un'altra direzione e mira a costruire una nicchia di qualità, dove informazioni ed opinioni abbiano adeguato respiro e non rincorrano una frenetica attualità che è di certo significativa e a suo modo degna d'interesse, ma che necessita al suo fianco di strumenti d'approfondimento privi di finalità immediatamente commerciali. Lasciamo dunque ad altri le pasquinate e gli scoop, fiduciosi che anche per l'analisi, le sedimentazioni, gli anacronismi ci siano spazio ed interesse. In fondo la caratteristica principale dell'arte non è quella di rispecchiare il presente ma quella di proiettarsi al di fuori del tempo.

1 commento:

  1. L'ultima frase appare la più illuminante a porre il discrimine (qualitativo) fra i siti dell'arte o intorno all'arte variamente frequentati di questi tempi. Ed è proprio ciò che assai correttamente Il Grande Vetro si pone come obiettivo critico, rifuggire l'hic et nunc che lascia il tempo che trova (e il pubblico che ha) altrove. La fortuna di certi luoghi sta proprio nel comprimere lo spazio temporale della discussione, nella frenesia di "passare alla prossima", nella gara all'insulto (naturalmente anonimo) più scioccante. Il tentativo - insieme a coloro che scrivono e che quindi rendono possibili queste piattaforme del cattivo gusto e della rada cultura - è quello di far parte della storia assumendo come dictat il traguardo dei 15 minuti (meglio, secondi) di notorietà warholiani. Ma la questione non è solo "etica" tout court, e neanche di stile che da solo si enuncia (ça va sans dire). Entrambi gli aspetti sono dirimenti per cominciare a tracciare una condotta programmatica che renda attuale il discorso critico in Italia e lo inserisca in comunità più vaste e interconnesse (cosa per me prioritaria e ora più che mai urgente come l'aria per respirare). Ciò che sembra ormai imprescindibile è la necessità - purtroppo- della regolamentazione, fondata su normative specifiche, ma non particolarmente innovative nei contenuti, per arginare il fenomeno squalificante della calunnia e della diffamazione. Entrambe hanno la facoltà di zittire, di interrompere il circuito acceso di idee e del loro sviluppo attraverso la ricerca e la condivisione della stessa. La rete è, in questo, molto vulnerabile e fallace, e conduce così come le idee migliori, l'illusione di una libertà irregimentabile. Coloro che si pongono come fautori di qualità spesso non hanno gli strumenti (se non una censura preventiva che non è quasi mai adottata, forse con ragione) per evitare lo scontro. La scrittura - nei migliori - è sacra e non va sprecata. Su questo contano gli scialatori della parola e su questo sempre vincono.
    Abbiamo bisogno di sani ceffoni (quelli della nonna, beninteso, quelli da educazione spicciola). Ma non bisogna mai dimenticare che in rete ogni discorso - anche quello più elevato - è virtuale, è finto, è rivolto a platee invisibili ma delle quali si può sentire il fiato sul collo allo stesso tempo. Le strategie del linguaggio devono essere giocoforza diverse da quelle adottate dallo studioso nei testi di lettura.
    Bisogna armarsi. Io so che le vostre armi sono valide, ma è il nemico che bisogna convincere e bisogna attrarre. Non creare un'isola felice e rifiutare il combattimento.
    Solo la mia chiusa dà il senso di quanto dico.
    Un carissimo, affettuoso augurio a tutti voi, che ora siete tanti e che con Davide farete grandi cose. Cristiana Curti

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